Sebbene strettamente legato al quilting, il patchwork è una tecnica di ricamo diversa, con una sua storia distinta. Il patchwork o “lavoro traforato” consiste nel cucire insieme pezzi di tessuto per formare un disegno piatto. In Gran Bretagna, il metodo più duraturo è noto come “riattacco sulla carta”. In questo metodo, il motivo viene prima disegnato su carta e quindi tagliato con precisione. Piccoli pezzi di tessuto vengono piegati attorno a ciascuna delle forme di carta e fissati in posizione (noto anche come imbastitura, questo utilizza punti lunghi e temporanei che alla fine verranno rimossi). Le sagome vengono poi unite insieme dalla parte posteriore utilizzando dei piccoli punti chiamati punti a sopraggitto.
Se la trapunta è spesso associata al calore e alla protezione, il patchwork è più strettamente associato all’economia domestica, un modo per consumare ritagli di tessuto o per prolungare la vita lavorativa degli indumenti. A differenza del quilting, il patchwork è rimasto un’impresa prevalentemente domestica, piuttosto che professionale. Tuttavia, non tutto il patchwork è stato prodotto per motivi di economia. Ci sono prove che alcune delle trapunte patchwork della nostra collezione utilizzassero quantità significative di tessuti appositamente acquistati e queste trapunte sono state attribuite a donne della classe media che realizzavano questi oggetti per piacere piuttosto che per necessità. C’era anche una tradizione di trapunte militari, cucite da soldati maschi mentre erano dislocate all’estero nella seconda metà del XIX secolo.
Il Victoria and Albert Museum, a Londa, ha inizialmente raccolto esempi di patchwork per il significato dei frammenti di tessuti, piuttosto che delle opere nel loro insieme. Di conseguenza, la collezione traccia l’uso delle sete e dei velluti pregiati del 17° e 18° secolo fino ai cotoni economici prodotti durante la Rivoluzione Industriale. Il maggior numero di trapunte patchwork nella collezione risale al 19° secolo. Durante questo periodo, sono stati utilizzati intricati disegni per ritrarre una serie di motivi diversi: dalle scritture e scene bibliche, come si vede nel copriletto di Ann West, a scene di eventi mondiali e persino disegni di carte da gioco, come si vede in un copriletto datato 1875 – 85. Questo tipo di patchwork era così popolare che diversi esempi furono esposti alla Grande Esposizione del 1851.
Nello stesso periodo, il patchwork è stato promosso da artisti del calibro della riformatrice carceraria Elizabeth Fry come un’abilità che dovrebbe essere insegnata alle detenute – un mezzo per fornire ai detenuti sia lavoro che tempo per riflettere. Questa tradizione è stata recentemente resuscitata dall’impresa sociale Fine Cell Work in collaborazione con il V&A e i detenuti dell’HMP Wandsworth Quilt. Il patchwork ha visto un ampio declino nel corso del 20° secolo, ma è stato adottato dall’industria della moda negli anni ’60 come “look” associato alla cultura hippie, non solo come tecnica. Entro la fine del secolo, sia il patchwork che il quilting, in quanto artigianato così strettamente associato alle donne, divennero tecniche utilizzate da artisti come Tracey Emin e Michelle Walker per esplorare le nozioni di “arte femminile” e lavoro. Memoriam di Michele Walker è un esempio nella collezione.
Il patchwork (tradotto indica “lavoro con le pezze”) è un manufatto che consiste nell’unione, tramite cucitura, di diverse parti di tessuto, generalmente ma non esclusivamente di cotone, al fine di ottenere un oggetto per la persona o la casa, con motivi geometrici o meno.
È una tecnica molto usata per realizzare dei quilt, che sono trapunte il cui top (parte superiore) è composto dal manufatto patchwork, un mollettone (imbottitura in cotone o sintetico) e da un telo inferiore (backing) di solito in mussolina e una chiusura fatta con lo sbieco (binding), che serve per chiudere e decorare i bordi del quilt. Il quilt viene infine decorato con delle “impunture” chiamato quilting, che poi dà il nome al manufatto finale.
Le tradizionali tipologie di patchwork che riguardano questi tipi di manufatti sono:
- geometrici, esistono migliaia di schemi di questo genere ogni blocco ha un suo nome e una sua storia particolare
- applique e baltimora, sono due tecniche simili che però indicano due tipologie di manufatto differenti; il primo viene utilizzato per indicare tutti i manufatti con stoffe sovrapposte che formano dei disegni particolari il secondo indica una serie di schemi in appliqué tradizionali che prendono il nome proprio dalla città (tipicamente cestini o cornucopie che traboccano di frutta e fiori) nella quale sono stati per la prima volta disegnati. I quilt realizzati con questa tecnica vengono chiamati baltimora’s quilt. In entrambi i casi ogni disegno è composto da più pezzi piccoli di stoffa che vengono applicati sul blocco e che insieme concorrono alla realizzazione del motivo finale;
- hawaiani è la tecnica inversa dell’appliqué; in questo genere di manufatti si hanno due o più teli della stessa dimensione e il telo superiore viene ritagliato per la realizzazione dei tipici decori hawaiani per poi essere fissato a sottopunto sul telo inferiore. La differenza con l’appliqué è solo nel procedimento;
- molas tipica degli indiani delle isole dell’arcipelago San Blas (Panamá) che vengono eseguiti sovrapponendo più stoffe di colori sgargianti una sull’altra e tagliando pezzo per pezzo per creare un bassorilievo; ogni volta che si fa un taglio si decide a quale colore di stoffa fernarsi e si fissa il tutto a sottopunto.
Nel tempo la tecnica del patchwork come tecnica di costruzione di un top, si è evoluta sia per diffusione nei vari paesi del mondo (grande successo ha avuto anche in Giappone che ha sviluppato una nuova tecnica di confezione di oggetti e quilt che si chiama folded patchwork) e ha ampliato la gamma di prodotti che vengono confezionati e quindi si producono borse, camicie, oggetti per la casa (americanine, portapane, tende) e anche capi d’abbigliamento.
La storia
La tecnica si è sviluppata nei secoli scorsi presso i pionieri americani che riciclavano le parti in condizioni migliori dei capi ormai consunti per la riparazione di altri capi o per la realizzazione di nuovi, in particolare coperte imbottite con foglie di tabacco, cotone, ecc. Il patchwork si è diffuso in Italia a partire dalla metà degli anni novanta con l’importazione dei tessuti specifici e della relativa attrezzatura e la diffusione dei primi corsi relativi. Con il termine “patchwork” oggi, impropriamente, si indicano una serie di tecniche che nulla hanno a che vedere con questo tipo di manufatto come ad esempio il “patchwork senz’ago” che indica lavori in cui la stoffa viene fermata in fenditure fatte per permettere la copertura dell’oggetto in polistirolo.
I materiali
I tessuti americani hanno la prerogativa, pur essendo in cotone, di non ritirarsi soprattutto di avere colori che non stingono. L’attrezzatura principale consiste di:
- Righello graduato e le Squadre, si tratta di un rettangolo di materiale plastico di vari formati (il più diffuso è 15 x 60 cm) trasparente riportante le misure su entrambe le direzioni ed anche le angolature di 30, 45 e 60°;
- Taglierino rotante, chiamato Cutter con una lama circolare che, accostato al righello, taglia in modo perfetto il tessuto;
- Pianale per taglio; è una base antitaglio (utilizzata spesso per lavori in cui si richiede l’utilizzo di taglierini o bisturi) indispensabile per utilizzare il cutter senza rovinare la lama e il piano di lavoro.
A questa attrezzatura di base si aggiunge di norma la macchina per cucire in grado di fare una semplice cucitura diritta, aghi e fili.
La tecnica
La lavorazione si compone di diverse fasi. All’inizio si prepara il disegno dell’oggetto che si intende realizzare in scala. Nel complesso il top sarà diviso in blocchi che a loro volta saranno ulteriormente divisi in pezzi (patch= pezza work=lavoro). Ogni pezzo deve essere dimensionato e va fatto un elenco di quanti e quali pezzi serve tagliare; così sarà anche più facile avere un’idea di quanta e quale stoffa servirà alla realizzazione del top. Terminato il disegno si procede con il taglio del tessuto, stirato accuratamente in precedenza, tenendo su ogni lato un margine di cucitura di 0,6 cm. Ad esempio se il pezzo che ci serve è di 4 x 4 cm il taglio dovrà essere effettuato di 5,2 cm. Terminato questo passaggio si procede con la cucitura tenendo, ovviamente, un margine di 6 mm. Dopo la cucitura si procede ad una nuova stiratura per appiattire i margini per le cuciture successive. Al termine dell’assemblaggio, a seconda dell’oggetto che si intende realizzare potrebbe essere necessaria una trapuntatura manuale più tradizionale o a macchina.